Oggi in compagnia del Dr. Cattaneo, medico veterinario della Clinica Veterinaria Pineta, parleremo delle dermatofitosi, infezioni superficiali e contagiose, sostenute da funghi microscopici, quindi visibili solo con un  esame microscopico. L’elemento costitutivo dei funghi sono le ife, formazioni tubolari ramificate divise da setti trasversali; questo determina la definizione di microrganismi filamentosi o micelati. I funghi microscopici di interesse medico sono chiamati dermatofiti e saranno oggetto di questo video.

Esistono anche funghi microscopici non filamentosi, costituiti da elementi unicellulari che si riproducono per gemmazione; sono chiamati lieviti. Esempi di lieviti sono la malassezia e la Candida. Ma oggi parliamo dei dermatofiti.

Come si manifestano le dermatofitosi e quali sono le più comuni?

Le dermatofitosi sono infezioni contagiose e superficiali, sostenute da funghi patogeni. Si tratta di funghi patogeni perché i dermatofiti non sono in grado di moltiplicarsi nell’ambiente esterno, ma si moltiplicano solo sulla cute dell’animale; sono contagiosi perché possono essere trasmesse ad un animale sano da un animale malato o attraverso un ambiente contaminato, inoltre causano per lo più infezioni superficiali perché colpiscono le cellule cheratinizzate dell’epidermide, delle unghie e dei peli. Anche se non sono in grado di moltiplicarsi nell’ambiente possono resistere per molto tempo sotto forma di spore.

Queste dermatofitosi animali sono trasmissibili all’uomo e rappresentano pertanto un problema per la sanità pubblica.

Microsporum canis è il dermatofita più comune nel cane e nel gatto. Il gatto è la fonte di infezione più comune. Il contagio può avvenire per contatto diretto o attraverso vettori occasionali di spore come le suole delle scarpe, i vestiti o l‘aria condizionata, soprattutto in ambienti a più facile contaminazione come canili, gattili e allevamenti. Anche le strutture veterinarie, come ogni luogo frequentato da molti animali, possono essere potenzialmente una fonte di infezione.

Altre specie di dermatofiti che possono determinare patologie nei nostri animali domestici sono Trichophiton Mentagrophytes che ha come serbatoio i roditori e i logomorfi come le lepri e i conigli selvatici, e Microsporum Persicolor che colpisce oltre al cane anche i piccoli roditori.

Come si riconoscono clinicamente?

In relazione alle diverse risposte di ciascun organismo all’infezione, le manifestazioni cliniche delle dermatofitosi possono essere molto varie e  sovrapponibili alle manifestazioni cliniche di numerose patologie dermatologiche, rendendo necessario emettere un diagnostico differenziale.

Anche una volta contratta, l’infezione può appunto decorrere in maniera variabile a seconda che sia colpito un cane o un gatto. A seconda della razza, delle caratteristiche del mantello e della cute, dello stato immunitario del soggetto, dell’età, delle condizioni generali di salute, delle condizioni ambientali igienico-sanitarie e ovviamente della carica infettante (Conosci le malattie che il cane può trasmettere all’uomo?).

Il tempo prima che si manifestino lesioni cliniche è mediamente di 1-2 settimane.

Nel cane le lesioni osservate più comunemente sono delle aree senza pelo, di forma tondeggiante, singole o multiple, (multifocali), del diametro di 1 – 2 centimetri. Se la risposta immunitaria dell’animale determina infiammazione, si possono sviluppare arrossamento (eritema) e presenza di scaglie di dimensione variabili, di colore bianco-grigiastro.

Le lesioni sono più frequentemente localizzate a livello di  muso, dorso del naso, padiglioni auricolari, zampe, cioè in quelle aree esposte maggiormente al contatto fra animali o di strofinamento.

In seguito, in rapporto alla recettività del soggetto, avviene un’espansione centrifuga e le lesioni tendono a perdere i margini definiti iniziali, ad allargarsi e a confluire. Paradossalmente la diagnosi di sospetto può risultare più difficile quando l’infezione è più vecchia, a causa della perdita, in questa seconda fase dell’aspetto iniziale più identificativo.

La risposta individuale è estremamente variabile, di conseguenza il quadro clinico può complicarsi per la comparsa di papule e pustole per il richiamo di granulociti neutrofili o di quadri di risposta immunitaria esagerata che alterano il quadro clinico rendendo la diagnosi più difficile.

Esistono delle razze più delicate all’infezione?

Alcune razze di cane, come i terrier, ma anche i barboncini, sembrano essere maggiormente sensibili all’infezione e predisposti a sviluppare forme generalizzate. Per i gatti, i persiani e più in generale le razze a pelo lungo sembrerebbero predisposti a sviluppare la patologia.

Come ho già detto il sistema immunitario svolge un ruolo importante: cuccioli, gattini, animali anziani o defedati, sono quindi a rischio maggiore. Di conseguenza ogni malattia debilitante, diminuendo le difese  immunitarie, rende cani e gatti maggiormente sensibili alle dermatofitosi; pertanto vanno indagate e trattate le patologie sottostanti prima di iniziare terapie specifiche per le infezioni fungine.

Anche gli eccessivi lavaggi con shampoo aggressivi riducono le difese naturali della cute.

Parassitosi, dermatiti pruriginose per altre cause o altre dermatiti possono creare delle porte di ingresso per i dermatofiti.

Non dimentichiamo le condizioni climatiche: l’umidità o il caldo eccessivo sono fattori predisponenti.

Infine svolgono un ruolo favorevole allo sviluppo delle dermatofitosi anche lo stress, il sovraffollamento nei canili o nelle pensioni o nei campi di addestramento,  in relazione anche alla presenza delle spore e al quantitativo delle stesse.

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi avviene attraverso diverse metodiche.

Innanzitutto in caso di sospetto clinico si utilizza la lampada di Wood perché i peli invasi dalle ife di M. Canis, che è il più comune, possono presentare una fluorescenza giallo verdastra ai raggi ultravioletti. La fluorescenza, tuttavia non è sufficiente e la diagnosi  deve essere confermata con l’esame microscopico dei peli fluorescenti prelevati durante l’esame con la lampada e con l’esame colturale che prevede che i peli fluorescenti vengano seminati in terreni selettivi per i dermatofiti.

Anche in caso di nagatività all’esame con la lampada di Wood  è ugualmente necessario raccogliere ed esaminare al microscopio i peli al centro della lesione alopecica, poichè la maggior parte dei dermatofiti patogeni non sono fluorescenti alla lampada di Wood. I peli vanno prelevati con delicatezza rispettando la direzione di crescita per non fratturare il fusto e perdere la porzione di pelo infetto. 

La coltura fungina su terreno di coltura specifico per dermatofiti (DTM) è ancora oggi una tecnica molto affidabile per la conferma di dermatofitosi.

I campioni si ottengono strappando i peli sotto lampada di Wood o comunque a livello delle lesioni sospette oppure spazzolando il mantello con uno spazzolino da denti sterile. Anche le scaglie vanno raccolte e seminate.

Le piastre con il materiale raccolto vengono incubate a temperatura controllata (25 °C), per circa due-quattro settimane.

Le piastre vengono osservate quotidianamente per individuare il viraggio di colore che caratterizza e identifica la crescita delle colonie fungine di dermatofiti. Se questo avviene si esegue poi la tipizzazione e identificazione del dermatofita.

Come si curano le dermatofitosi?

Una volta appurata l’infezione, per la terapia si utilizzano antifungini topici e sistemici, che sono complementari.

La terapia sistemica permette di trattare il follicolo pilifero, mentre i prodotti topici permettono di eliminare le spore sulla superficie del pelo.

Il trattamento sistemico convenzionale si basa sull’uso di antifungini orali, somministrati per il tempo necessario.

La scelta di utilizzare la terapia topica, che ha lo scopo anche di ridurre il rischio di contaminazione ambientale, deve essere valutata con il proprietario. Bagnare o effettuare spugnature sull’intero mantello dell’animale infetto richiede abilità e motivazione; effettuate i trattamenti locali almeno due volte alla settimana.

Importante ricordare che occorre una completa separazione fra animali infetti e non infetti e che si tratta di una zoonosi, una malattia che è trasmissibile dall’animale agli uomini!

Dermatofitosi: come si possono prevenire?

Il modo migliore è prevenire il contatto con animali o ambienti infetti perché i cani e i gatti possono contrarre l’infezione durante tutto il corso della loro vita.

Poichè esistono soggetti infetti che non mostrano ancora segni clinici o comunque non necessariamente segni clinici evidenti, non sempre è possibile evitare il rischio di infezione.

Negli allevamenti di cani e gatti e nei rifugi per animali, l’introduzione di un animale infetto è il rischio maggiore, per cui è molto importante un attento esame clinico di ogni soggetto nuovo, così come mettere in atto tutte le procedure atte a ridurre rischi di altre malattie: quindi prima di introdurre soggetti nuovi, questi andrebbero vaccinati, svermati, trattati per i parassiti esterni, esaminati con la lampada di Wood e posti in quarantena fino al risultato della coltura. Non è sempre possibile mettere in atto queste procedure per ragioni di spazio, di costi e di tempi, per cui i rischi di contagio aumentano.

A che cosa devono stare particolarmente attenti i proprietari di un animale infetto?

Le più importanti misure di prevenzione per i proprietari sono avere particolare attenzione all’igiene personale, proprio per il rischio di essere infettati; fare eseguire i regolari test diagnostici e seguire le terapie prescritte al proprio pet; inoltre sarebbe opportuno evitare il contatto diretto tra animali infetti e ambienti contaminati e bambini o soggetti con problemi immunitari.

I medici veterinari devono informare dei rischi le persone a contatto con gli animali infetti, e dar loro delle linee guida di comportamento per ridurre la possibilità di infezione.

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